Premessa e obiettivi del progetto.

Negli ultimi anni, nel settore enologico, è stato registrato un incremento della richiesta di vini tipici come espressione di determinati territori vitivinicoli. Alla tipicità di un vino concorrono non solo le caratteristiche varietali dell’uva, ma anche la componente microbiologica ed in particolare i lieviti responsabili della fermentazione alcolica che, producendo metaboliti in quantità e rapporti relativi ceppo-specifici, influenzano le caratteristiche chimiche e organolettiche del vino finito. La diffusa pratica di inoculare il mosto con i ceppi di Saccharomyces cerevisiae attualmente in commercio (preparati starter), pur assicurando la buona conduzione del processo fermentativo, non contribuisce alla diversificazione e valorizzazione del profilo sensoriale del prodotto finito dato che, spesso, tali ceppi sono isolati da ecosistemi differenti da quello in cui devono operare. Pertanto, per esaltare le peculiarità di un determinato vino, è stato proposto l’impiego di ceppi di lievito selezionati nella specifica area di produzione indicati come “lieviti autoctoni o indigeni”. In effetti, le molteplici indagini condotte sulla ecologia delle popolazioni di S. cerevisiae nelle fermentazioni vinarie spontanee, mediante tecniche molecolari in grado di effettuare una differenziazione a livello di ceppo, hanno evidenziato che, nonostante all’inizio della fermentazione si riscontri una elevata diversità di ceppi di S. cerevisiae, soltanto pochi, da uno a tre, dominano il processo fermentativo, svolgendo così un ruolo rilevante nel determinare le caratteristiche finali del vino. Alcuni di questi ceppi persistono anche in fermentazioni condotte in una stessa cantina in anni successivi per cui sono definiti “ricorrenti”. Inoltre, è stato evidenziato che i ceppi di S. cerevisiae isolati da vinificazioni di una stessa cantina presentano una similarità tra loro maggiore rispetto a ceppi provenienti da altre cantine e che, soprattutto, sono molto diversi dai ceppi commerciali utilizzati come colture starter, indicando l’esistenza di una certa correlazione tra ceppo/i e cantina. Da un punto di vista ecologico si può supporre che nel tempo, nelle fermentazioni vinarie spontanee condotte in determinate cantine, alcuni ceppi di S. cerevisiae, in seguito ad una sorta di pressione selettiva, si adattino meglio di altri ad operare in un mosto le cui caratteristiche sono determinate, non solo dalla varietà dell’uva e dal terroir, ma anche dallo stile di vinificazione e dall’ambiente di cantina. A tale proposito, recenti indagini, condotte in cantine diverse dove è stata abbandonata la pratica dell’inoculo di lieviti commerciali per passare all’impiego di lieviti autoctoni, è stato evidenziato che l’insediamento di ceppi autoctoni ha richiesto un arco di tempo che andava da due a cinque anni, a seconda dei casi.
Da un punto di vista pratico, una volta ottenuti i ceppi autoctoni e selezionati quelli con le capacità enologiche desiderate, è necessario ottenere con questi ceppi un preparato contenente una quantità di cellule di lievito tale da inoculare il mosto a concentrazioni che garantiscano il successo della fermentazione alcolica (solitamente intorno a 106 UFC/mL di mosto). Ad oggi l’unico modo per fare questo è appoggiarsi ad aziende che producono starter mentre un’alternativa potrebbe essere quella di mettere a punto un impianto per la produzione in cantina del preparato starter. Il presente progetto dunque ha avuto lo scopo di selezionare ceppi di Saccharomyces cerevisiae indigeni per le caratteristiche enologiche desiderate e di progettare e realizzare un impianto semi-automatico (costituito da un fermentatore ed un sistema di separazione) per la produzione nella cantina VICAS di lieviti starter autoctoni per la conduzione della fermentazione alcolica.